lunedì 27 maggio 2013

Filippo risponde a Davide. "Io, 17enne gay, non voglio essere compatito. La nostra battaglia non prevede sconfitti"

Sabato mattina il quotidiano "La Repubblica" ha pubblicato la lettera di Davide Tancredi, il grido d'aiuto di un diciasettenne gay che chiede allo stato italiano di essere ascoltato e considerato in quanto cittadino omosessuale. Perché Davide non si sente accettato in questo mondo "in cui non a tutti è data la fortuna di nascere eterosessuali". E perchè "un Paese che si dice civile non può abbandonare dei pezzi di sé". La lettera, intensa e commovente, ha suscitato un ampio dibattito interno al parlamento ma anche nella comunità omosessuale. Per questo oggi pubblichiamo la lettera di Filippo, anche lui diciassettenne e gay, che ieri ha voluto rispondere a Davide scrivendo a Repubblica. 


Caro direttore, caro Davide,
Mi chiamo Filippo, ho anch'io 17 anni, sono anch'io omosessuale. 
Quando ho letto la tua lettera sono stato travolto da un turbine d'emozioni: affetto, dolore, rabbia.
Ti sento vicino, insieme a te compio quotidianamente la mia lotta, per sopravvivere, per esistere, per contare. Il tuo dolore per un mondo ingiusto è il mio; il tuo scoramento per un'Italia cieca ed irrispettosa mi appartiene.
Proprio perché condivido il tuo cammino, le tue sofferenze non posso nasconderti il mio disappunto: io sono orgoglioso di quello che sono e le mie energie instancabilmente profuse per un mondo migliore mirano a far sì che ognuno di noi possa definirsi tale! Non voglio essere compatito, tantomeno bramo la carità delle persone.
Il nostro caro Don Gallo molto ha lasciato nella sua lunga ed intensa esistenza, una frase mi tocca più delle altre: l'omosessualità è un dono di Dio. A coloro i quali tu chiedi commiserazione, ricorda questo; nessuno mai farà pietà perchè eterosessuale o biondo. 
Il destino volubile lo creiamo noi, con i nostri silenzi, con le nostre paure e sfortunati siamo ad accettarlo.
Non dovremmo temere un rispetto ed un amore che coloro che si definiscono cristiani debbono ad ogni creatura di Dio. Non dovremmo limitarci alla pietà, perché la pietà si concede ai vinti!
La nostra battaglia di uguaglianza ed amore non prevede sconfitte né sconfitti, perché tutti perdono in un mondo violento!


"La Repubblica" ad oggi non ha ancora pubblicato la lettera di Filippo ma speriamo che queste sue valutazioni importanti possano contribuire al dibattito iniziato dal quotidiano. 

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